Le materie prime sono i materiali grezzi utilizzati nei processi di lavorazione (industriali, artigianali, ecc.) per la fabbricazione di prodotti e beni finali.
Che cos’è una materia prima rinnovabile?
Sono da considerarsi materie prime rinnovabili quelle materie che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono “esauribili” nella scala dei tempi “umani” e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future.
Alcuni esempi di materie prime rinnovabili sono il legname, i prodotti agricoli, la carne, i tessuti di origine vegetale o animale, fonti di energia rinnovabili ecc.
Oggi, con le materie prime rinnovabili e quindi la possibilità di usare e riutilizzare la materia “all’infinito”, si aprono nuove prospettive su tutto il modo in cui noi ci rapportiamo all’ambiente.
Fino ad oggi infatti la produzione industriale aveva prevalentemente “sfruttato” i materiali considerandone il consumo come una condizione inevitabile dello sviluppo, rispetto alla quale potevano essere attuate solo “strategie difensive” per ridurre i danni ambientali. L’idea invece dell’esistenza e della possibilità di usare delle materie prime rinnovabili implica invece che il territorio venga visto territorio come una risorsa e un patrimonio permanente che, in quanto tale, non debba essere intaccato.
La biodegradabilità
La biodegradabilità è la proprietà di una sostanza (sostanze organiche e alcuni composti sintetici) di essere decomposta dalla natura, ovvero dai batteri saprofiti che vivono nel terreno e nelle acque di superficie.
I batteri trasformano la materia organica in anidride carbonica che rilasciata in atmosfera viene assorbita da alberi, alghe e piante per sintetizzare sostanze (come gli zuccheri) essenziali alla nostra sopravvivenza. La biodegradabilità quindi garantisce il regolare mantenimento dell’equilibrio ecologico. Si tratta ovviamente di un processo che può prevedere per ogni elemento un suo tempo, anche lungo, di degradazione. La normativa europea stabilisce però dei paletti: per essere definito biodegradabile un prodotto deve decomporsi del 90% entro 6 mesi.
La biodegradabilità sta diventando un problema, perché la maggior parte degli oggetti che utilizziamo ogni giorno è formata da composti che contengono materiali non decomponibili. Pertanto l’unica via praticabile è attualmente la sostituzione della plastica con altri materiali biodegradabili.
Tutti i composti organici naturali, come la carta, sono facilmente decomponibili, mentre tutti i prodotti sintetici moderni (esclusi quelli derivati da Materie Prime vegetali e quindi rinnovabili, come la Bioplastica) non possono essere decomposti dalla natura, poiché nessun batterio è capace di elaborare un enzima che semplifichi il materiale.
I vantaggi dati dall’uso delle Bioplastiche sono quindi duplici:
– ambientali, perché si riduce l’emissione di gas che provocano l’effetto serra e il conseguente riscaldamento globale;
– economici, perché si riduce il consumo di petrolio, necessario per la produzione della plastica.
La compostabilità
La compostabilità può essere definita come una tipologia specifica di biodegradazione – ovvero la trasformazione in compost, un concime naturale – che avviene sia in impianti di compostaggio industriale che domestico. Si riferisce in particolare a materiale il cui processo di decomposizione avviene in meno di 3 mesi.