L’inquinamento da plastica è stato definito dall’ONU il più pericoloso in assoluto. La produzione e la dispersione di questo materiale nell’ambiente ha causato danni gravissimi che difficilmente sembrano recuperabili.
La diffusione di questo materiale è talmente ampia che viene utilizzata per definire l’era antropocenica, ovvero l’era in cui l’uomo ha prodotto mutamenti sconvolgenti nell’ambiente. Basti pensare che sono stati trovati frammenti di plastica mischiati a sedimenti depositati nel 1897, quando ancora questo materiale non esisteva. Cosa vuol dire? Che oramai la plastica è ovunque, ed è un problema davvero serio.
Questo 2020 è plastic free?
L’anno scorso le campagne #plasticfree spopolavano già a maggio proprio per indicare questa forte presa di coscienza. Quest’anno a causa del coronavirus e anche dell’allentamento della plastic tax sembra che questa lotta sia finita nel dimenticatoio. In realtà molte istituzioni continuano questa lotta: nuove località plastic free, un nuovo bando per un servizio antinquinamento che prevede la raccolta della plastica galleggiante e in molte località dopo il lockdown sono riprese le iniziative di pulizia delle spiagge e dei parchi.
Niente è perduto, ma molte volte abbiamo bisogno di ricordarci le motivazioni di questa lotta.
Perché bisogna dire “NO alla plastica”?
Perché ne consumiamo troppa. No, non è solo questo, ma questo è l’inizio del problema: il 70% degli oggetti in plastica che acquistiamo è usa e getta e si stima che nei prossimi anni il consumo verrà aumentato del 30%. Tenendo conto che la vita utile di questi oggetti è breve, ma l’inquinamento che ne deriva perdura per anni, vale la pena consumarne così tanti?
Acquistarne di meno, vuol dire nei fatti diminuire la domanda di questo materiale, ergo la sua produzione. Se quest’ultima cala, diminuirà anche l’influenza che la plastica ha sul cambiamento climatico: solo nel 2019 sono state emesse 850 milioni di tonnellate di CO2 per la produzione, l’incenerimento e lo smaltimento della plastica. Se pensate che le emissioni siano “tutte qui” vi sbagliate: la plastica dispersa negli oceani produce anch’essa emissioni. Infatti i rifiuti plastici dispersi nell’ambiente vengono riscaldati dalle radiazioni solari ed emettono metano ed etilene. Notizia pessima! Soprattutto se si tengono in considerazione quante tonnellate di plastica vengano disperse: il WWF ha dichiarato che su 396 milioni di tonnellate di plastica, circa 100 milioni rimangono a inquinare la natura. Questi 100 milioni rimarranno nel nostro ambiente per centinaia di anni, sopravvivendo a molte generazioni di esseri umani.
Si tratta solo di emissioni?
Micro e nanoplastiche sono ovunque. Negli oceani, sulle cime delle montagne, nell’aria e anche nel nostro corpo. Non le vediamo, non le sentiamo eppure stanno devastando noi e il pianeta!
Cosa provocano questi elementi? Oltre a modificare geneticamente i pesci, hanno anche un effetto distruttivo su alcune specie. Uno studio dell’Università di Wageningen ha dimostrato che i Naididi, vermi importantissimi per gli ecosistemi, morivano a causa della presenza di plastiche. Al termine dell’esperimento si potè notare la differenza tra le vasche con meno concentrazione di plastica rispetto a quelle con una concentrazione più elevata: se nelle prime si trovavano dai 500 ai 800 vermi, nelle seconde solo 300. Voi penserete: ma son solo vermi! Sì è vero, ma questi vermi sono fondamentali perché favoriscono il riciclo di nutrienti e ossigeno grazie alle gallerie che scavano nei fondali e inoltre sono un ottimo alimento per i pesci!
Dati
- Parliamo di animali: ogni anno un albatros dà alla luce 500.000 pulcini, di questi, 200 mila muoiono a causa dell’ingestione di plastica. In totale, più di 1 milione di uccelli marini e 100 mila mammiferi marini muoiono ogni anno a causa della plastica.
- Abbiamo già parlato della Great Pacific Garbage Patch. Bad news! Non c’è solo nell’Oceano Pacifico, ma ora c’è un’isola di plastica anche nel nostro fantastico Mar Mediterraneo tra Elba e Corsica.
- Molti dei residui analizzati di microplastiche derivano da materiali sintetici utilizzati nei capi d’abbigliamento.
- Le plastiche gettate direttamente in acqua sono solo il 20% , la parte restante proviene dalla terraferma o trasportato da venti e piogge.
- Fino a 30 metri di profondità per ogni particella di plancton ce ne sono 6 di plastica. Dato che il plantcton è alla base della catena alimentare si può dedurre facilmente che nella nostra alimentazione ci sono tracce di plastica.
Soluzioni praticabili: W il plastic free
- Acquistiamo meno capi sintetici
- Gettiamo la plastica nella raccolta differenziata
- Evitiamo dove possibile l’utilizzo di plastica usa e getta (borracce al posto delle bottigliette, borse riutilizzabili, scolapasta in acciaio, contenitori di vetro)
- Se possibile ricicliamo i contenitori in plastica per poter rendere la loro “vita utile” più lunga
- Dove possibile sostituire il monouso in plastica con un monouso naturale e sostenibile.