Purtroppo la pandemia porta con sé tanti problemi: non solo l’emergenza sanitaria da Covid, ma anche un mare di rifiuti in plastica.
Dopo le borsine, le cannucce, le bottigliette ora abbiamo anche mascherine e guanti che riempiono i nostri mari.
Perché non riusciamo a rispettare il nostro ambiente?
Immergiamoci…nella plastica!
Mancano pochi mesi, il 2021 doveva essere l’anno plastic-free per eccellenza: l’Unione Europea ha infatti decretato il divieto di stoviglie monouso in plastica dall’anno prossimo, ma purtroppo non si era tenuta in considerazione la pandemia.
Mascherine, guanti ma anche imballaggi e stoviglie, camici in TNT e divisori in plexiglass. Questo 2020 è l’anno della plastica e purtroppo non sembra esserci alcuna alternativa.
Il monouso da sempre garantisce una sicurezza a livello igienico, ma utilizzare così tanti oggetti usa&getta in plastica non farà altro che aggravare i problemi ambientali già esistenti. Al posto di fare passi avanti, se ne faranno 100 indietro.
I numeri della plastica al tempo del Covid
Il Politecnico di Torino a fine aprile ha pubblicato il Rapporto Imprese Aperte. In questo documento si stima la quantità di mascherine necessarie ai lavoratori della regione Piemonte. Per determinare il fabbisogno a livello nazionale, consigliano di moltiplicare per 12 e si avrà una quantità approssimativa dei DPI da utilizzare al mese. Questo rapporto ha tenuto ovviamente conto della sostituzione di 3-4 mascherine al giorno durante il turno lavorativo.
Facciamo due calcoli: il rapporto prevede che le imprese piemontesi abbiano bisogno al mese di 80 milioni di mascherine, 38 milioni di guanti e 21.000 cuffie.
Moltiplicando per 12 abbiamo la stima nazionale:
- 960 milioni di mascherine
- 456 milioni di guanti
- 252 mila cuffie
Questo solamente per quanto riguarda i lavoratori.
Passiamo alla scuola?
Dati alla mano, abbiamo già superato gli 800 milioni di mascherine. Considerando che una mascherina pesa 4 grammi, vuol dire che le scuole hanno prodotto oltre 3 .200 tonnellate di rifiuti non differenziabili.
Il Ministero dell’Ambiente a luglio ha lanciato la campagna sul corretto smaltimento delle mascherine e dei guanti. Perché? Perché i dati erano preoccupanti: la produzione giornaliera (a luglio) di rifiuti da mascherine ammontava a 410 tonnellate, mentre quella dei guanti a 200.000 tonnellate.
Non è finita: mense e ristorazione in generale? Secondo le norme anti-contagio i pasti devono essere serviti in contenitori o stoviglie monouso in grado di garantire la sicurezza igienica dei commensali. Questo in cosa si traduce? Montagne di packaging in plastica. Quindi è meglio prediligere vaschette in alluminio o ancor meglio contenitori in biomaterie.
Cosa si può fare?
Di raccomandazione purtroppo ce ne son poche. Finché questo virus non si arresterà, dovremo utilizzare mascherine monouso.
La prima regola è CIVILTÀ! Non disperdiamo nell’ambiente mascherine o guanti. Il WWF ha infatti avvisato che se “anche solo l’1% delle mascherine venisse smaltito non correttamente […] questo si tradurrebbe in ben 10 milioni di mascherine al mese disperse […] questo comporterebbe la dispersione di oltre 40mila chilogrammi di plastica in natura”.
Seconda (e ultima) regola: negli ambienti scolastici e di lavoro non si possono utilizzare mascherine lavabili, perciò l’unica alternativa è optare per mascherine biodegradabili. Queste, seppur da gettare nei rifiuti indifferenziati, eviteranno la trasformazione di petrolio in materiale plastico e quindi un enorme contributo al nostro Pianeta.
Al di fuori di questi luoghi, si possono utilizzare mascherine riutilizzabili, ma con l’accortezza di disinfettarli quotidianamente e di usufruirne solamente se si è certi di non aver contratto il virus.